Quantcast
Channel: Solferino 28 anni » casa
Viewing all articles
Browse latest Browse all 7

Il Treno della Memoria, un viaggio intergenerazionale

$
0
0

Ospitiamo la testimonianza di Carlo Greppi, scrittore torinese classe 1982, dottorando in Storia contemporanea, collaboratore dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e tante altre cose (“tra cui calciatore – precisa – e soprattutto un giovane che crede ancora nella possibilità di costruire un mondo migliore”). Una lettera speciale, in esclusiva per Solferino 28, scritta a bordo del Treno della memoria. Un convoglio gremito di giovani e anziani partiti da Roma per raggiungere Cracovia. Ora dopo ora, chilometro dopo chilometro lungo quei binari, anch’essi inermi testimoni del dramma della deportazione. Proprio sull’esperienza dei superstiti e sul loro viaggio verso l’orrore, Carlo ha scritto anche un libro L’ultimo treno. Racconti del viaggio verso il lager (la pagina su Facebook qui). Buona lettura.
Quando ieri, a Birkenau, ho sentito le prime parole incrinate dalle lacrime, ho capito che in questi giorni – e grazie a mesi di lavoro – ci era riuscito un piccolo miracolo. Intirizziti dalle folate di vento, tra le rovine dei crematori abbiamo ricordato ad alta voce nomi sconosciuti di persone ingoiate dalla Storia, nella commemorazione laica che proponiamo ogni anno ai ragazzi che partecipano al Treno della Memoria.

Quella voce incrinata non era però di un ragazzo, ma di un pensionato dello Spi-Cgil, sindacato con il quale abbiamo iniziato a progettare questo coraggioso e strambo viaggio intergenerazionale, oltre un anno fa, pieni di entusiasmo e con il timore che non sia facile far esplodere e provare a dare un senso alle stesse emozioni in un ragazzo di 18 anni e in una ragazza di 70. In questi quattro giorni, nello scorrere del tempo, nel ritmo incalzante che ti impone un progetto che muove quasi 600 persone, mi sono accorto che qualcosa di nuovo stava accadendo: il senso di comunità che cresceva è letteralmente esploso nel canto Bella ciao che ci ha travolti al termine della giornata di ieri. “Un’assemblea plenaria da brividi” sta dicendo al telefono Filippo, ragazzo trentino che con me – piemontese – ha accompagnato un gruppo di 26 “ragazzi” della Regione Lazio.

È stato sorprendente scoprire come persone anagraficamente così distanti arrivino a creare un senso di comunità che supera le differenze generazionali. Compagni, si chiamano e ci chiamano loro. Oliviero Alotto – il presidente della nostra associazione, Terra del Fuoco – ha esordito in assemblea ricordando che da cum panis nasce la parola “compagno”, ed è proprio la condivisione di ogni momento di queste giornate che ci ha uniti. Le loro biografie si sono intrecciate con la nostra voglia di imparare e di far conoscere la nostra passione, in un dialogo schietto, semplice, scevro di formalità e di conflittualità tra generazioni che la profonda crisi sociale e politica dell’Italia di oggi tende a fomentare.

Nel tragitto tra Roma e Cracovia – oltre 24 ore di viaggio –  abbiamo posto le basi per questo intreccio inedito, nel tempo trascorso ad Auschwitz I e a Birkenau abbiamo condiviso emozioni, riflessioni e fatica. Nella visita al ghetto ebraico e al vecchio quartiere di una comunità che è stata disintegrata, annichilita in pochi mesi nella “soluzione finale” nazista abbiamo sentito l’urgente necessità di creare un inedito senso di comunità, a partire dagli insegnamenti racchiusi nel nostro passato e da quelli che l’esperienza e la tenacia di ciascuno di noi possono mettere sul piatto, nel nostro presente.

Questo ci stiamo portando a casa, ora, in viaggio verso l’Italia. Nelle nostre facce stanche mi sembra di cogliere una rinnovata voglia di impegnarsi nell’Italia di oggi, resi più motivati dalla rabbia che la visita ai campi ci trasmette ogni volta, forti del potenziale educativo che ha per tutti questo viaggio nella nostra storia e nella nostra memoria, un viaggio diventato irrinunciabile per chi, come noi, nella propria quotidianità cerca di migliorarlo, non smette mai di riflettere sul senso ancora racchiuso, nell’Europa degli anni duemila, in Auschwitz.

E di potenziale educativo ci hanno parlato i “nostri” ragazzi dello Spi-Cgil, promettendoci di voler essere guardiani della memoria, di questo modo di fare memoria che coltiviamo, attraverso il quale ci stiamo formando, in un percorso di crescita continua che deve e vuole vivere di incontri così.

 

di Carlo Greppi

 

 


Viewing all articles
Browse latest Browse all 7

Latest Images

Trending Articles